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104 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Dal ciel piombando il fulmine ritorto.
     Che se Giove sdegnato, e gli altri numi
     585I supremi del ciel fulgidi templi
     Con terribile suon scuotono, e ratte
     Lanciano fiamme, ovunque lor più aggrada,
     Dimmi, ond’è, che a chiunque alcuna orrenda
     Scelleraggin commette, il seno infisso
     590Non fan, che fiamme di fulmineo telo
     Aneli, e caggia a’ malfattori esempio
     Acre sì, ma giustissimo? E piuttosto
     Chi d’alcun’opra rea non ha macchiata
     La propria coscienza, entro alle fiamme
     595È ravvolto innocente, e d’improvviso
     È dal foco, e dal turbine celeste
     Sorpreso, e in un sol punto ucciso, ed arso?
     E perchè ne’ deserti anche alle volte
     Vibrangli, e l’ire lor spargono al vento?
     600Forse con l’esercizio assuefanno
     La destra a fulminar? Forse le braccia
     Rendono allor più vigorose, e dotte?
     Perchè soffron, che in terra ottuso e spento
     Sia del gran padre il formidabil telo?
     605Perchè Giove il permette, e nol riserba
     Contro a’ nemici? E perchè mai no ’l vibra,
     Finalmente, e non tuona a ciel sereno?
     Forse tosto ch’al puro aer succede
     Tempestosa procella, egli vi scende,