Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/117


di Tito Lucrezio Lib. VI. 103

     Gelo è stagion di primavera; e quindi
     Forz’è, che l’un con l’altro i corpi avversi
     Pugnino acerbamente, e turbin tutte
     Le miste cose. E del calor l’estremo
     560Co ’l principio del freddo è il tempo appunto,
     Che autunno ha nome, e in esso ancor con gli aspri
     Verni pugnan l’estati; onde appellarsi
     Debbon queste da noi guerre dell’anno.
     Nè per cosa mirabile s’additi,
     565Che in sì fatta stagion fulmini, e lampi
     Nascan, più che in null’altra, ed agitati
     Molti sian per lo ciel torbidi nembi.
     Conciossiachè con dubbia aspra battaglia
     Quinci, e quindi è turbata; e quinci, e quindi
     570Or l’incalzan le fiamme, or l’acqua, e il vento.
Or quest’è specular l’interna essenza
     Dell’ignifero fulmine, e vedere
     Con qual forza ei produca i varj effetti;
     E non sossopra rivolgendo i carmi
     575Degli aruspici Etruschi, i varj segni
     Dell’occulto voler de’ sommi Dei
     Cercar senz’alcun frutto: onde il volante
     Foco a noi giunga, e s’ei quindi si volga
     A destra, od a sinistra, ed in qual modo
     580Penetri dentro a’ chiusi luoghi, e come
     Quindi ancor trionfante egli se n’esca;
     E qual possa apportar danno a’ mortali


                                   G   4