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di Tito Lucrezio Lib. VI. 93

     Premon l’inferne immobili, tacendo
     Del tutto i venti, allor potrai le vaste
     Lor moli riconoscere, e vedere
     L’altissim’, ed orribili spelonche
     290Quasi costrutte di pendenti sassi,
     Ove, poi che tempesta il cielo ingombra,
     Entran rabbiosi venti, e con tremendo
     Murmure d’ogn’intorno ivi racchiusi
     Fremo; e minaccevoli, e superbi
     295Vibran, di fere in guisa, ancorchè in gabbia,
     Per le nubi agitate or quinci, or quindi
     I lor fieri ruggiti, e via cercando
     Si raggiran per tutto, e dalle nubi
     Convolgon molti semi atti a produrre
     300Il foco, e in guisa tal n’adunan molti,
     E dentro a quelle concave fornaci
     Ruotan la fiamma lor, finchè coruschi,
     L’atra nube squarciata, indi risplendono.i
Avviene ancor, che furioso, e rapido
     305Per quest’altra cagion l’aureo fulgore
     Di quel liquido foco in terra scenda;
     Perchè molti di foco han semi accolti
     Le nubi stesse: il che vedersi aperto
     Può da noi, quando asciutte, e senz’alcuno
     310Umido son, che d’un fiammante, e vivo
     Color splendon sovente: e ben conviensi,
     Ch’elle accese in quel tempo, e rubiconde