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canto sesto

L’arcangelo umanato, a cui nel petto
Con eterno bollor balzano i sogni.
20Sotto al suo piè monotona fra tanto
Brontola la rotante èlica; fischiano
Gli euri all’antenne; mormoran confuse
Voci di meraviglia e di vendetta
Le solcate, saltanti acque; al governo
25Veglia il nocchier silenzioso, e avvolta
Nel suo madido manto alzasi al cielo
Coronata di muti astri la notte.
Mira il Dèmone il ciel vasto e le vaste
Onde, su cui passa leggera e certa
30Con le fiamme nel sen quella nuotante
Fra tanta immensità piccola prora,
E ai solenni ardimenti inorgoglito
Dei suoi cari mortali, osa con questa
Baldanzosa jattanza alzar la voce:
    35— Piega al cenno dell’uom, piega la testa,
O superba di nomi Iside antica,
E leggi e ceppi a sopportar t’appresta!
    V’è tale abitator su questa aprica
Ultima sfera, che al tuo passo intorno
40Volge ignota e che tu scerni a fatica,
    V’è tal, che dal raggiante amplo soggiorno,
Ove chiusa nei tuoi pepli ti assidi,
Ti scaccerà, sì come ancella, un giorno.
    L’idra orrenda del male erra quei lidi,
45Siede immoto l’affanno, e ferrea incombe
Morte immatura a’ mal fecondi nidi;
    Ma dal sen degli affanni e delle tombe
Giovin sorge il Pensiero, e s’alza tanto
Quanto più giù la vil creta procombe;
    50E l’uom co’l serto del martirio e il santo
Peso del suo dolor, nauta immortale,
L’onde si accinge a navigar del pianto;



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