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canto terzo

Da splendidi banchetti,
Servi cenciosi alla spezzata gleba,
Che, fertile e ridente,
540Il molle ozio nutríca
Di fastosa ignoranza;
A voi dura e nemica
Madrigna, invidiosa
Pur d’un vil tozzo bruno
545Che pugna duramente
Con l’affilato dente
Pria che sfami il plebeo fianco digiuno;
Schiavi, in piè, tutti in piè; quanti pur siete
Dalle arene di Libia alla restía
550Cuba, asilo di schiavi, e qual pur sia
Sotto al flagello dell’assiduo sole,
Crudo signore anch’esso,
Il color vostro e il crin. Schiavi, in piè tutti!
Parla cotal parola
555Costui che vien, per cui,
Dell’opre e degli affanni
Santificati alla feconda scola,
L’alma e la destra amica
Di provvida fatica,
560Porger potranno tutti
Della finor vietata arbore ai frutti!

    Ei viene, egli si avanza;
Ha in cor la luce, l’avvenir sugli occhi;
Non firmamenti e baratri
565Ma le tende dell’uom son la sua stanza.

    Voi che in negghienza vile
Distesi il viver molle
Annoverate dal fuggir dell’ore,
Schiavi imbelli del core



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