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canto terzo

Con arduo magistero a lui soggiace.
Varcar vedi per lui, quanto è distesa
Dall’igneo Sàra al gelido Tríone,
Tal fulmineo congegno, che animato
405Mostro il diresti: un ferreo ed infernale
Pègaso dai fiammanti occhi, che orrendo
Fuma, fischia, ansa, sbuffa, alita, e crassi
Fiati dall’alto e giù dal ventre avventa;
Ed ecco, or per campagne umili e valli
410Correr mugghiante e serpeggiar lo miri,
O lungo i fianchi d’un aereo monte
Divincolando trascinar l’immane
Corpo; or sui fiumi sorvolar, traendo
Fuor da’ pensili ponti alto fragore;
415O la riva del mar tremulo al giorno
Radere, o dentro a tetri anditi a un tratto
Cacciarsi, e poi, lontan che il vedi appena,
Sbucar, lieto fischiando, all’aure amiche.
    Di tante meraviglie all’uom stromento
420È il domato vapore. Or quelle ascolta,
Ch’opra il vigor del fulminante elettro.
O che chiuso ei si assieda, o che trascorra,
Tutto egli abita e muove: il ciel sublime
Turba e schiara a sua posta, or con sovrana
425Possa adunando, or dispergendo i nembi;
La terra investe, agita i petti, e i germi
Scalda e svolge nell’una, e dentro agli altri
L’estro del ricco immaginar produce.
Le piante, gli animai, l’ambre, i cristalli,
430L’irto pel, l’aurea seta, il fil sottile,
Tutto, qual serpeggiante anima, invade,
Per ogni cosa si conduce, e come
Odio avesse ed amor, le simiglianti
Cose respinge, e le diverse attira;
435Altre muta, altre scambia, altre dissolve.



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