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lucifero

A morder l’altra e a maledir dischiusa.
190Vile in servire, in comandar superba,
Cieca in ambo gli stati, iniqua sempre.
Miglior però d’ogni governo io tengo
Quel che al centro risiede, e da gli estremi
Con eguale poter si tien diviso:
195Quinci l’empia licenza, a cui gradito
Cibo è la strage cittadina, e quindi
La tirannide astuta; ed esso in mezzo
Sta, come ròcca, e per vegliante cura
Campa a un’ora dal male e al ben provvede.
200Dall’estrano temuto, e riverito
Al par da’ suoi, della sua gente i dritti
Custodisce e difende, e pur lasciando
All’oprare d’ognun libero il campo,
Argine solo il dritto altrui gli oppone.
205Così liberi tutti e tutti a un tempo
Servi sono alla legge; e per diversa
Via, con varia fortuna e vario ingegno
Egual fine ha ciascuno: il ben di tutti.
Questo però, qual ch’abbia forma e nome,
210Libero stato io sovra gli altri estimo.
    Nè pensar già che il buon desio m’accechi,
Se dir m’udrai, che a tanto chiaro obietto
Ogni gente del mondo ormai si appressi.
Al novo grido del pensier ribelle
215Tremâr con l’are i troni, e giù dai troni
Precipitâr scettri purpurei e teste
Coronate di re. Surse su’l nudo
Scoglio Albíone, e su’l riverso giogo,
Il suo tiranno a giudicar, piantosse.
220E giudicò. Splendea nitida e bella,
Qual s’addice ad un re, sovra il tuo collo,
O Stuardo, la scure; e fredda, muta
Come il pensier del rigido Cronvello,



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