E s’innova, e procede, e a nullo iddio
Dee la vita, il principio, il mezzo e il fine.
Ultimo forse e più perfetto anello
Della catena universale, ei tutto 125Chiude in sè stesso il suo destin, chè umana
Mutabil cosa e della terra è il vero.
Ahi! che un morbo fatal l’alma gl’invase
Fin da’ giorni suoi primi, ed ombre e morte
Gli gittò sovra il capo, in cor, d’intorno! 130Tremò all’aspetto del’interminato
Fluttuar de’ creati esseri il mesto
Figlio dell’uom, che riprodotta e viva
Non pur vedea ne’ circostanti oggetti
Tanta lite incompresa e tanto affanno, 135Ma dentro il cor, dentro al pensiero, in tutta
L’esistenza sua poca iva ammirando
Un perpetuo agitar d’odio e d’amore.
Di fantastici mostri e di chimere
Popolò quinci il mar, l’aria, la terra, 140Ogni spazio, ogni vuoto; e dove un’ombra
Vide e un mistero, o una maggior possanza,
Là piegò la cervice, e pose un Dio.
Dio nacque allor, Dio, creatura a un tempo
E tiranno dell’uom, da cui soltanto 145Ebbe nomi ed aspetti e regno e altari.
Chè or sopra ai soverchianti astri ei fu visto
Spazíar l’insegnato ètere, or chiuso
Tra’ fulmini precipitar su l’ale
Dei rotanti uragani, or sopra al dorso 150De’ cavalli del mar correre i flutti
E sfrenar l’onde a battagliar coi venti;
O ver come immortal fremito immenso
Penetrar l’aria, serpeggiar nel grembo
Degli avari terreni, e al vigilato 155Solco apparir fra le compiute ariste.