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canto decimoquinto

Di Lucifero il fato; a lui dintorno
Stanno i secoli. Al Dio che si trasforma,
Tranquillamente egli favella: — È antica
720L’arte, per cui forme tu cangi e nomi:
Rinnovarla or non giova! Assai sembianze
Sostenemmo di Numi, a cui la cieca
Fede dell’uom diè lunga vita e impero.
All’un error l’altro successe; a un vòto
725Fantasma altro fantasma; or tocca il fine
Questa vicenda rea: l’ultimo Iddio
Tu sei; con te, non pur la forma e il nome,
Ma il pensiero di Dio nell’uom s’estingue! —
    Così dicendo (ed additava il sole,
730Che sotto ai passi gli sorgea), toccollo
Del raggio acuto, e fuor da parte a parte
Lo trapassò. Stridea, come rovente
Ferro immerso nell’onda, il simulacro
Fuggitivo del Nume; e a quella forma
735Che crepitando si scompone e scioglie
Fumigante la calce all’improvviso
Tasto dell’acqua o del mordente aceto,
Tale al raggio del Ver struggeasi il vano
Fantasima; e in vapore indi converso,
740Tremolando si sciolse, e all’aria sparve.
    Così moría l’Eterno. Ai consueti
Balli movean gli antichi astri; dal cielo
Luminose partían come in tríonfo
Le magne ombre dei sofi, e a tutti innanzi
745Lucifero. Arrivò co’l Sol novello
Sul Caucaso nevato, ove al soffrente
D’adamantino cor figlio di Temi:
— Lèvati, disse, il gran tiranno è spento! —


FINE.



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