Raggio del Ver, le cui vendette io segno!
Vedi le schiere mie? Là, fra quei pochi
Spirti di saggi, a cui Socrate è duce, 685Loco a te caro, a niun secondo, io serbo! —
Disse, e insegnava con la destra. Innanzi
Fecesi, a questo dir, l’intemerata
Luce d’Atene, e fra le venerande
Braccia il pietoso Nazzareno accolse. 690Or l’estrema ora tua dirà il superbo
Genio che m’arde, o mal temuto Iddio.
Quando l’eroe ruppe la nebbia, involto
Di nero oblio, fuor d’ogni senso e moto
Tu giacevi; ma allor che con lo sguardo 695Ti penetrò, ratto balzasti, a guisa
Di già morto batràce, a cui dà strani
Moti il valor del ricorrente elettro.
E quale già solea nel greco mito
Le sembianze mutar Proteo marino, 700Quando immerso nel sonno, in mezzo al gregge
Delle putide foche il sorprendea
Con ferree braccia alcun mortale o nume,
Tal sotto al ciglio del guerrier nemico
Cento apparenze e simulacri e larve 705L’egro tuo corpo in ratta vece assunse.
E or di Brama, o di Teuta, or di Saturno
Usurpava gli aspetti; or Cristo, or Giove,
Ora Osiri appariva ed ora Anubi;
Or terribile e scuro e tutto cinto 710Di tempeste e di morte, or fiammeggiante
Sole parea che l’universo avvivi.
Fremean per lo profondo etra le schiere
Luminose dei saggi; dall’opaca
Terra sorgean, che parean fiamme vive, 715Le vittime dei Numi, e tutti a un grido
La giustizia chiedean. Pende dal labbro