Come all’odor di ramerino o timo, 165Onor vago dei campi e amor dell’api,
Ruzzan gli agili gatti, e senton forse
Un amoroso stimolo, che il sangue
Fieramente gli assilla, onde su l’erba
Stropicciando il supin dorso flessibile 170Con dolce miagolío chiaman l’amica;
Così, all’esempio del lor duce e al viso
De la santa pulzella, arsero i petti
Dei celesti guerrieri, e nulla ancora
Dell’instante rovina conoscendo, 175Si sparpagliaron clamorosi, e l’armi
Dissuete per via disseminando,
Si diederro a saltar liberi in caccia
D’auree fanciulle e morbidi angeletti.
Mentre così, del lor destino ignari, 180Dansi questi bel tempo, entro alla cupa
Anima del Lojola un serpeggiante
Pensier guizzò. La macera persona
Raddrizzò a un tratto, e con volpina voce
Chiamò quanti nel cielo erano in pregio 185Di sagace accortezza, e a lui ben atti
Parvero all’uopo: il Montaltese, obliquo
Mastro di frodolente opere; il santo Conversor di Gusman, la cui parola
Scrisse co’l sangue il masnadier Monforte; 190L’atroce Torquemada, anima acuta
Qual furtivo pugnal, che negli umani
Petti s’infisse ad indagar la fede;
Il ferino inventor d’ogni tormento
Manigoldo Arbuense; il pio Ghislieri 195Tessitore di stragi, ed altri, a cui
Negò voce la fama. Eran costoro,
Poichè del fato avverso eransi accorti,
Tutti intesi a raccòr per le fulgenti