― Arrossite, sclamò, voi non già eterni
Spiriti, non pur uomini nè donne,
Ma ventri e piedi senza sesso! Oh! foste 675Tutti esclusi dal ciel! Ma già di voi
Cura io non ho: d’incliti spirti ancora
Forte presidio ha il paradiso, e quando
Fosse infranta ogni spada, infranta al certo
Non saría la mia lingua! Or tu mi ascolta, 680Eterno Padre, e voi mi udite, alteri
Spiriti: in terra io scenderò soletta,
Inerme, come il dì, che a pace astrinsi
Di Pier le chiavi e di Fiorenza il giglio;
O come allor che all’interdetta chioma 685Di Clemente strappai l’aureo triregno,
E a schiacciar la fischiante Idra sospinsi
Sul carro della Fede il saggio Urbano.
In Roma andrò; starò di fronte al bieco
Lucifero; e se ancor serba qualcuna 690Di sue virtù questo mio labbro, ho fede,
O d’indurlo a tornar nel derelitto
Regno dell’ombre, o persuaso e vinto
Rendergli l’ali e ricondurlo in cielo. —
Tacque; e del suo parlar paga si assise 695In sua beltà. Fremean d’assenso intorno
L’auree sedi del ciel; quando con voce
Di tutta tenerezza, e la mirando
Con dolcissimo sguardo: — Oh! che tu speri,
Che tenti mai? l’esperto Iddio rispose; 700Lucifero domar? lui che dell’ira
Di tutto il cielo e di me pur si ride?
Tutta non fosse congiurata ai nostri
Danni la terra, agevol cosa invero
Il domarlo saría; ma come rupi 705Stanno le fronti dei mortali erette
Contro ai fulmini miei; sfrenato e baldo,