560Poi che al veggente immaginar l’altero
Ribellator degli uomini si tolse,
E mirò intorno il vasto Circo, un alto
Silenzio s’assidea sui tenebrosi
Meníani titanici, e fra’ rotti 565Pilastri ed i corintj archi passavano
Lunghe file di mute ombre e la luna.
Ei mirava e tacea. Ma tu nei santi
Penetrali del ciel già non tacevi,
O signor dei beati: una vorace 570Cura coceati il petto intimo; e come,
Se fra poche pareti arda un occulto
Foco, di quante masserizie ha intorno
Prima fa preda e cheto si alimenta,
Finchè di sua virtù gonfio e superbo 575Tutto divora il chiuso aere, dirompe
L’avverso tetto, e al ciel mugghiando esplode;
Così del padre dei Celesti a un punto
Si palesò la torva cura: a pena
Ei si leva dall’alto letto a mezzo 580Con irosi guaíti, e si folcendo
Del tentennante cubito, in tal guisa
Parla ai beati ivi a consiglio accolti:
— O beati, se pur lecito è ancora
Con tal nome chiamarvi, or che le pingui 585Mense e i tiepidi letti, unica gioia
Di voi sereni abitator del cielo,
Sparecchiar ne minaccia un rio destino,
Beati, a voi di gran stupore obietto,
E il vi leggo su’l viso, è ch’io vi aduni 590A insoliti consigli, io che finora
D’ogni assoluto mio voler fei legge
Alle vostre cervici, a cui fu somma
Virtù il tacere e l’ubbidir. Se or muto