Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/235


canto duodecimo

Di libertà! Dalla percossa riva
Della tumida Senna ululi avventi
125La piagata nel cor druda di Brenno,
Cui la vittoria altrui par sua sconfitta:
Fuor d’ogni modo e senno,
Ebbra d’invidia, esulti
Prostituta liberta, e d’impudenti
130Minaccie a te, sacro vessillo, insulti,
E al sangue nostro. Il dì verrà, nè incerti
O lontani presagi al carme io fido,
Che, ravveduta o stanca
Dal sozzo amplesso di plebei Caini,
135Te chiamerà, come chi piange. Al grido
Risonerà l’irta Pirene; e quale
Iena sorpresa all’avvenir del giorno,
L’iberico soggiorno e il reo pugnale
Lascerà urlando il bieco
140Masnadier di Castiglia. Allor saprai,
Putta dell’Ebro infuríata, a quanta
Luce di libertà volgesti il tergo
Quel dì che ai tuoi rissosi
Schiavi t’abbandonò l’italo alunno,
145E dalle regie chiome
Strappò sdegnoso il serto,
Pur che la fronte altera
Erger potesse intemerata al sole,
E, monda del tuo sangue, al patrio albergo
150Recar la spada ed onorato il nome.

    Venga, oh! tosto, quel dì! Cessi il furente
Baccar di questa erine
Licenzíosa, a cui
Vanto di libertà danno i suoi drudi
155E quanti han voglia ardente
Del reo suo grembo e dei suoi fianchi ignudi!
Ecco, a piccola pugna un’immortale



— 231 —