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canto duodecimo

Eternità che al gener nostro assente
La fatale Natura, a noi nel petto
55Vivrete eternamente,
Quantunque siete, o eroi
Dell’umano pensier; sia che mutando
La molle cetra in brando,
O in viva fiamma di Sofia l’acume,
60O in fulmine la voce,
Nel più chiuso del cor portaste oltraggio
A questa vaticana idra feroce,
Cui non giovò dar vostre carni a morte,
Quando la fiamma inesorata e il ferro,
65Che brevemente il corpo vostro offese,
Ruppe il suo petto, e le sue membra incese.

    Ma non senza gran laude alle venture
Genti andrà il nome e il grido
Di chi l’ultimo crollo a la superba
70Mole impavido impresse, onde stupite
Mirâr le più gagliarde anime, e intorno
Tremar parve la terra. O benedetti
Voi, che la vita acerba
Fidaste, o giovinetti,
75All’onor del gran fatto, e benedetta
La destinata mente
Di lui, che custodita entro ai gelosi
Carceri adríanèi la vita inferma,
Inesorabilmente
80Fulminò a morte indegna
L’italico vessillo e i vostri pettí!

    Veglian su l’infrequente
Uscio le madri abbandonate, o accolte
L’anima tutta nel pensier di voi,
85Lascian piangenti a mercenarie mani
Le vigilate masserizie, e vanno
Dove a lenir l’affanno



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