Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/224


lucifero

D’Ausonia il grido e il rimbombar dell’armi,
Per cui perfetto il pensier mio discerno.

    Levai sdegnoso dai funerei marmi
730L’onorato mio capo, e alle pugnanti
Schiere in mezzo piombai co’l brando e i carmi.

    Oltre l’alpi esulâr monche e tremanti
Le teutoniche belve, e il profetato
Veltro regnò su’ ceppi e i troni infranti.

    735Agli altari venali imprigionato
Urla fra tanto il traditor Giudeo,
Che a’ danni nostri ed all’insidie è nato;

    Ma all’onte occulte e al macchinar suo reo
Splender più bello e star più saldo io miro
740Solo un vessil da Susa a Lilibeo.

    Pur, se all’itale muse il guardo io giro,
Tanta di lor m’assale ira e vergogna,
Che in volto avvampo, e dentro al cor sospiro.

    Qual mendica erra; qual vaneggia e sogna;
745E qual dell’Istro o della Senna impura
L’onda attinge, e le sue membra svergogna;

    E mentre una s’insozza e si snatura,
L’altra ignava sbadiglia; onde ai lor danni
Stride lo scherno, e il freddo oblio congiura.

    750Or leva, o genio mio, leva i tuoi vanni,
E tal su’l capo lor fulmina un telo,
Che la memoria sua viva negli anni.

    Mostro vien fuor dall’iperboreo gelo,
Che la diva stuprando arte dei suoni
755D’orrido strepitío streper fa il cielo;

    E strepitando in eruditi tuoni
Strepita sì, che a nostre orecchie offese
Sembran dolci armonie bombe e cannoni.

    Già si affaccia, già invade il bel paese:



— 220 —