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lucifero

Dei radíanti plenilunj, un’ampia
Vela il dirai, che il marinar su’ negri
90Aprici scogli a rasciugar distese;
Ma se più ti fai presso, un fragor cupo
D’immense acque tu senti; al ciel, conversa
In polve minutissima, tu vedi
Balzar la ripercossa onda, e in un velo
95Confonder gli astri ed annebbiar la valle.
Quivi l’eroe non si appressò; ma in parte,
Ove men cupe si schiudean le sponde,
E avean meno di bosco ombre e paure,
La fresca linfa disíando, scese
100Per la lubrica china; insinuossi
Fra’ canniferi greti, e nelle cave
Palme attingendo i prezíosi umori
Ricreò l’arso petto; ambe nell’onda
Con giocondo piacer le braccia infuse,
105E battendo le pure acque, più volte
Ne spruzzò, ristorando, il volto e il crine.
    Ma non pria lasciò l’onda, e si ríebbe
Del cammin tanto e dell’ingrata arsura,
Che un vicino il percosse ululo e un lungo
110Scoppio di strida e di commosse voci
Strane, acute, incessanti. Ad improvvisi
Urti crollavan bruscamente i rami
Della prossima selva, e quindi e quinci
Confusamente saltavan strillando
115Le aggredite bertucce. Il piè ritrasse
Dal margo sdrucciolevole, e lo sguardo
Lucifero ficcò nell’ombre: oscuro
Chiudeasi l’aere, se non che due roggi
Punti fendean, come infocati dardi,
120Sinistramente della notte il seno.
Muti muti all’incerto aere procedono
Or cheti e lenti, or saltellanti e rapidi,



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