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CANTO DECIMO
Sorge la notte, e l’Eroe resta smarrito nella foresta, dove prova le sofferenze dell’umana natura. — Lotta con un giaguaro, di cui rimasto vincitore, abbandonasi al sonno. — Iddio, vedendo affannoso e ferito il suo avversario, crede agevole impresa il domarlo. — Lascia il letto, cavalca l’asino di Betlem, e scende in terra. — Trova Lucifero, e cerca da prima con superbe parole, poi con astute promesse venire a patti; ma questi tien fermo, e lo caccia da sè acerbamente. — Liberatosi indi a poco dalla foresta è ospitato dalla povera Sara. — La schiava nera e lo schiavo bianco.
Sorge fra tanto oltre ai terreni alberghi
Co’ crepuscoli al piè la notte amica;
E di mille colori ornati e cinti
Le si sveglian sul capo astri e pianeti.
5Malinconica e muta ella riguarda
Ai rei travagli della terra, e spira
Le brezze ai fiori ed ai mortali il sonno.
Salve, o splendida notte, aerea madre
Di soave quíete, o che ti piaccia
10Covrir d’ombre pietose amor furtivo,
O svelar a’ mortal occhi l’audace
Visíone degli astri e l’universa
Armonia, che ne fura invido il sole.
Dalle cupe foreste, ove si aggira
15Il signor de’ miei canti, io chiamo indarno
La bellezza dei tuoi Soli e le gemme
Dei tuo’ cento diademi: a lui non uno
Splende dei raggi tuoi; sol dentro al petto
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