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canto nono

350Degl’industri colòni e le concordi
Geste fûr sacre e i sagrificj e il sangue,
Perchè dal ferreo giogo alfin disciolti
Nuova nel tuo gran patto ebber la vita.
    Per le vaste città, fra’ popolosi
355Commerci, a respirar l’aure vivaci
Di quei vergini climi, al mondo ignoto,
Lucifero s’avvolse, ed aureo raggio
D’alte speranze e virtù nuova attinse.
    Un dì per le sonore ombre movea
360D’un’intatta foresta. Invíolate
Da umana scure, indocili al veggente
Raggio del Sol, gelosamente intesti
Tendon le secolari arbori i rami,
Ove di tutte sue virtù ad un tempo
365Le sconosciute pompe Iside spiega.
Come in tempio infinito, ivi si aggira
La divina matrigna, e tutta appella
Sotto agli sguardi suoi dai varj climi
La numerosa vegetal famiglia,
370La qual, superba de la dea presente,
Rigogliosa e gigante occupa il cielo.
Giovinetta immortal, sotto a’ suoi passi
Balza la bella Primavera, e, stretta
Con insolito amplesso al fresco Autunno,
375Tempra l’aure vitali; e quando i rami
Di mai veduti fior l’una inghirlanda,
L’altro, furtivo sorridendo ai fiori,
Con selvatica man gli arbori impoma.
Con temperie diversa al loco istesso
380L’arborea felce ivi tu ammiri accanto
Al rigido lichene; a’ molli orezzi
Dei vitali palmizj, all’odorate
Del profetico cedro ombre ospitali
Svolgon le foglie flessuose e snelle



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