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epistola

Da imprese ardue rifuggi; e a chi ti dica:
270L’uomo trionfa, i vecchi Dii sen vanno,
O fai spallucce, o inorridisci, o ridi.
Cessi, oh, cessi tal peste! Uomini vuole,
Non miníate femminette imbelli,
La nuova età, gagliardi uomini, a cui
275Dal temprato intelletto al cor discorra
Siccome aura vital l’aura del vero.
Aspra selva è la vita. Ecco a te innanzi
Cento sentier, mille viuzze: eleggi
La più dritta, se puoi; con misurato
280Passo procedi, e non per furia troppa
Sprecar le forze, non posar per voglia,
Non per paura indietreggiar: combatti;
Grande se tocchi il fin, prode se muori:
Ecco la tua virtù; l’altro è del caso.
285A sì nobile ufficio alfin provveda
L’itala scuola, asil finora e chiostro
Di scrofolosi itterici intelletti
Brancicanti pe’l vano ètere in traccia
D’idoli eterni e d’assoluti veri;
290Campo quindi e palestra, ove ai più fermi
L’umana verità tutta si assenta,
Non delicato, afrodisiaco intingolo
Di tisicuzza damigella isterica,
Ma di leon midolla, onde si pasce
295Chi ha nel petto capace alma di Achille.
Tale è de’ canti miei l’unico segno,
Tale il fin di mia vita. E questa fede
Che nulla è dio, che la natura è tutto,
Che il ciel nostro è la terra e cibo il vero,
300Non da folli ardimenti o ambiziosi
Sogni mi nacque, anzi fra dubbj e pianti,
Per lunga via, con moderato esame,
Con assiduo pensier crebbemi in guisa



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