Colei non è, che alla sorgente e fiera
Lupa della Tarpea ruppe li artigli?
Colei che fulminò la tua bandiera, 310E fe’ i campi del tuo sangue vermigli?
Colei non è, che la tua patria inulta
Co’l piè calpesta, e la tua spada insulta?
No’l chiede ei già: d’un gran popolo oppresso
Balenan l’armi e il grido al ciel rimbomba, 315E dal guardato suo scoglio inaccesso
Tremendo ei rompe, e sui nemici piomba;
E vincendo del par gli altri e sè stesso,
Mostra al feroce usurpator la tomba;
Dal trono dell’error sbalza i potenti; 320Dà spada al dritto e libertà alle genti! —
Così dicea l’eroe, quando una strana
Vista mírò. Tratto al macel venía
Uno zoppo asinel, che in voce umana
Tapinavasi invan lungo la via. 325Folta era intorno a lui la disumana
Turba, che il morso del digiun sentía;
E qual dicea ch’alto miracol fosse,
Chi d’insulti il pungea, chi di percosse.
Sordo da tanto urlar, da’ picchi infranto, 330E più dal senso del supplizio atroce,
Il poverel movea simile a un santo,
Che tra fieri Giudei porti la croce.
Con l’orecchie dimesse, in suon di pianto
A intenerir la turba alza la voce, 335E ragli emette or cupi ora argentini,
Ch’àn l’armonia dei versi alessandrini.
L’eroe gli si fe’ presso, e della doppia
Sua bizzarra natura interrogollo;