All’ercinia materna alpe, e l’audace
Sassone, che nel freddo Albi s’infianca,
E il fedele ai suoi re Bavaro, onore
Dei vindelici piani; e quanta forza 415Di strenua gioventù fra la superba
Vistola e il serpeggiante Emo si accampa.
Dall’onor di sì forte oste precinta,
Splendida come sol, move la possa
Di Brandeburgo. Rigida e severa 420L’augusta diva del pensier vien seco:
Prestantissima dea, che dalle fredde
Vigilie, onde le cose ultime indaga,
Vien dell’opre al fragor; popoli e prenci,
Duci ispira e guerrieri; inconsuete 425Armi rivela, ordigni nuovi appresta,
Terre esplora e nemici, e grande e prima
Sfida la morte, e del tríonfo è certa.
Udì il suon di tant’armi, e tremò in core
L’avoltojo d’Asburgo: il sanguinoso 430Occhio, ove l’onta ardea di due sconfitte,
Rotò, scosse le cionche ali; ma rotto
Mirando al piè l’antico scettro e il brando,
A sazíar l’ira e la fame, il rostro
Nel sen dell’adescato Ungaro infisse. 435L’udì la boreal Dania, feconda
Genitrice di popoli, e nell’armi
Tutta si strinse, e balenò. Nel fermo
Petto una tempestosa ira le rugge
Contro al superbo assalitor di genti, 440Che, di numero prode e di cor vile,
La sconfisse nel sangue; i palpitanti
Visceri le cercò, chiamò la belva
Dormitante su l’Istro; e nelle offese
Sedi di Sondemburgo, orridi in vista, 445Piombâro entrambi, e s’imbandîr la dape.