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canto sesto

Questo, e no ’l bada; e mentre quei su’ fianchi
L’ale gli sbatte, e sbuffa, e stronfia, e grida,
E il bèzzica alla coda e lo flagella,
Tacito e imperturbato ei mette il muso
505Ne l’accolto becchime, e fiuta e passa;
Tale il divo campion con le robuste
Penne il superbo pellegrin combatte
Roteandogli intorno.
                         Ai cari lidi
Questi si affretta, e con parole acerbe
510Lo stanco assalitor punge e motteggia:
— Torna ai cieli, o fanciullo; e le lucenti
Soglie giammai della magion paterna
Non lasciar quind’innanzi. È dura impresa,
Credi, il fermar sopra le vie del fato
515Il pensiero dell’uom: pari a torrente
Ch’argini rompe, alberi svelle, ei corre
Per sentiero infinito, e non che un solo,
Mille Dii non potrían romperne il corso! —
  In così dir, prese la riva; irato
520L’angiol guardollo, e dileguossi al vento,
Come vapor di nebbia vespertina,
Che s’innalzi dal mar: vela un istante
I purpurei del Sol placidi occasi,
Poi si scioglie alla brezza.
                                       Il pellegrino
525Diede un forte sospir; la cara estinta
Su l’arena depose; e poi che l’ebbe
Tersa, come potea, del flutto amaro,
La guardò lungamente; una leggera
Zolla le impose, e muto e senza pianto,
530Pari a fantasma, in riva al mar si assise.



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