Anni di gloria e non caduco impero
V’impromettete. Al par di voi, securo
Si tenea nelle ròcche ardue d’Olimpo
Il fatal Saturníde; e pure ei cadde, 470E favola e ludibrio oggi è il suo nome
Ai più vili del mondo. E voi, voi pure,
E non guari, cadrete; e su le vostre
Fiere cervici striderà la punta
Dei sarcasmi plebei. Stolti! che al volo 475Dell’umana ragion, che tutto arriva,
Presumeste por ceppi, e chiuder l’alma
Dentro il sepolcro degl’imposti errori;
Ma trono eretto su l’error non dura;
Al tuo cieco signor la terra il grida! — 480Strinse al petto, in tal dir, la giovinetta,
E verso al lido si spingea. Tremendo
Fulminò l’aízzato angelo il grido,
Raggiò d’ira e di lampi, e la funesta
Spada calò. Su la sua cara estinta 485Piegò il nemico il petto, e nulla oppose
A la spada fatal destrezza o scudo.
Balena il mar sinistramente; all’aure
Fischia l’acciar, ma come ghiaccio in fiamma,
Tocco appena l’Eroe, sciogliesi e strugge. 490Vide il portento, e scompigliossi in core
Il guerriero di Dio; nè però a mezzo
Lascia la pugna: smisurate, immense
Spiega l’ali fremendo, e si disserra
Contro al ribelle nuotator. Qual suole 495Orgoglioso tacchino, ove al guardato
Beccatoio appressar veda un digiuno
Ramingante mastin, smetter l’usata
Ruota d’un tratto, scolorir l’eretta
Caruncola, e assalir tremendo in vista 500Il mal sofferto esplorator; s’aggira