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12 la cavalleria e il rinascimento


reazione dello spirito germanico, primo albore del Risorgimento. In cotest’epoca, i cui costumi reali appena intravediamo a traverso tanti racconti fantastici e tanta poesia, è costume che ogni fanciullo nobile sia inviato al castello del signore vicino perchè facendovi da paggio si educhi alla vita del cavaliere. Ei diviene scudiero del signore, serve le dame del castello, cresce in compagnia delle figlie del Barone. Le dame del castello gli insegnano il codice d’amore, lo bramano bello e gentile. Egli sente tutto l’ascendente femminile e nel desiderio di piacere alle gentildonne trova lo stimolo più potente a farsi ammirare nelle battaglie. In una società governata dalla forza egli dev’essere il difensore delle vittime: dei sentimenti germanici egli deve custodire il fiore, il rispetto per la donna: egli deve portare omaggio alla bellezza, aborrire da ogni atto ingeneroso. Ecco l’ideale della cavalleria.

Niente di più elevato e fecondo della cavalleria risguardata come aspirazione; ma niente di più povero come istituzione pratica.

Frattanto un altro gran seme è posto, e il Rinascimento lo feconda. L’umanità si risveglia alla coscienza di se stessa, le scienze, le arti tornano a fiorire, e in questi tempi nuovi anche l’ideale della donna è mutato com’è mutato l’ideale dell’amore.

La donna che le età nuove vagheggiano non è più la povera ignorante del gineceo greco; non è l’etèra briosa e culta, ma lasciva; non è la romana fiera e piena d’insidie. Ha la pietà della cristiana, ma non è neppure la donna dell’ascetismo dei primi tempi che si tormenta nel cordoglio, che vive sempre in gramaglie, a cui è conteso ogni sentimento che abbelli la vita.