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avevano vissuto sin dall’infanzia su quei mari freddi, tra le fantasmagorie vaghe e torbide come visioni di luce o di ombre. I loro occhi, simili a quelli dei grandi uccelli di mare, erano troppo avvezzi al gran mistero dell’Infinito. Il naviglio si dondolava lentamente sulla superficie, rendendo sempre quel medesimo lamento, monotono come una canzone della Bretagna, ripetuta in sogno da un nano addormentato. Yann e Silvestro avevano preparato molto presto i loro ami e le loro canne, mentre l’altro apriva un baule di sale e, affilando il suo grande coltello, sedeva dietro di essi per aspettare.

Non attese a lungo. Appena essi gettarono le loro canne nell’acqua tranquilla e fredda le ritirarono con dei pesci pesanti d’un colore grigio e lucente come di acciaio. E sempre, sempre i merluzzi vivi si facevano prendere; ed era rapida ed incessante questa pesca silenziosa. — L’altro, col suo grande coltello, sventrava, spianava, salava quei pesci che avrebbero fatto la loro fortuna al ritorno.

Le loro ore trascorrevano monotone, la luce del giorno morente si trasformava lentamente, assumendo il colore di un crepuscolo livido, simile quasi ad un’aurora che, tutti gli specchi del mare riflettevano in un vago disordine roseo....

— Assolutamente devi ammogliarti, Yann — disse ad un tratto con molta serietà Silvestro, guardando fisso nell’acqua. Egli aveva l’aria di conoscere qualche donna di Bretagna che si era lasciata prendere dagli occhi grandi e bruni di suo cognato, ma si vedeva che gli mancava il coraggio di toccare quel tema così serio.

— Io!?... Sì, uno di questi giorni farò le mie nozze, ma con nessuna fanciulla — e sorrideva sempre sdegnosamente, le farò col mare, e v’inviterò tutti....

Essi continuarono a pescare perchè non bisognava perdere molto tempo a parlare; da due giorni i pesci erano in grande abbondanza. Avevano vegliato la notte precedente raccogliendo in trenta ore più di mille merluzzi