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passandolo da una mano all’altra e non trovando più le sue tasche.
Passando per Paimpol tirò dritto, non guardando nessuno, col corpo un poco inclinato come chi sta per cadere, sentendo un ronzio alle orecchie; e affrettandosi, come una povera macchina, già antica, rimontata con sveltezza per l’ultima volta, senza penetrare l’imminente rottura delle molle.
Al terzo chilometro, cadde affranta, estenuata: si rialzò e sempre tremante, riprese la sua corsa urtando spesso col suo zoccolo in qualche pietra, cosa che le produceva nella testa una sensazione dolorosissima. E si affrettava, si affrettava sempre per arrivare a casa sua, per paura di cadere ancora e di non avere più la forza di rialzarsi....
Capitolo Sesto.
— La vecchia Yvonne che è ubbriaca!
Ella era caduta e i monelli le correvano dietro; fu proprio all’entrata di Ploubazlanec, dove vi sono molte case lungo la strada.
Ebbe però la forza di rialzarsi e zoppicando si salvò col suo bastone.
— La vecchia Yvonne che è ubbriaca!...
I piccoli sfrontati andavano a guardarla sotto il naso ridendo.
Ve ne erano di quelli che dopo averla vista bene, con quella smorfia di dolore senile, se ne andavano rattristati e sorpresi non osando dire più niente.
Giunta a casa sua, chiusa la porta, gettò un grido di disperazione suprema, e si lasciò cadere in un angolo con la testa al muro. La sua cuffia le era caduta sugli occhi, la gettò a terra — la sua povera, bella cuffia conservata sempre con tanta cura! La bella veste della domenica era tutta sporca, ed una piccola coda di capelli, di un bianco