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Non migliorava però, e fin dalla prima settimana i medici pensarono che la morte non poteva essere più evitata.....
Dalla partenza d’Ila Long era morto qualcheduno, che si era dovuto gettare nell’acqua profonda, molti di quei piccoli letti si erano sbarazzati dei loro poveri pazienti.
E quel giorno, nell’ospedale mobile, faceva scuro, si era stati obbligati a causa del vento, a chiudere le mantiglie in ferro delle cannoniere e ciò rendeva più orribile quella soffocazione di ammalati.
Silvestro peggiorava, era la fine. Coricato sempre sul suo lato ferito, lo comprimeva con le mani, debolmente, gemendo per l’orribile angoscia.
Tutte le visioni del paese empivano il suo cervello morente; nella penombra tragica, persone amate, o orribili, venivano a curvarsi su di lui; sognava la Bretagna e l’Islanda.
Il mattino aveva fatto chiamare un prete, il quale abituato a veder morire dei marinai, era stato sorpreso di trovare in quel corpo così virile, la purezza di un fanciullo.
Egli chiedeva dell’aria, e l’infermiere che lo sventolava con un ventaglio di fiori cinesi non faceva che smuovere su lui delle esalazioni malsane. Di tanto in tanto, era preso dalla mania disperata di uscire da quel letto, dove sentiva venire la morte, di esporsi al vento e tentare di rivivere.....
Oh! gli altri, che correvano nelle sartie e che abitavano nelle coffe!.... Ma tutti i suoi grandi sforzi si riducevano ad un lieve moto della testa e del collo indebolito — simili a quei movimenti incompleti che si fanno durante il sonno, — poi ricadeva disfatto, come inchiodato nel letto dalla morte, perdeva la coscienza della vita.
Per fargli piacere finirono con aprirgli una cannoniera, quantunque fosse ancora pericoloso, non essendo il mare abbastanza calmo. Erano le sei di sera. Quando quel tet-