Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 69 — |
Anche la tristezza di Yann era dileguata. Alleggerito, come il suo battello, guarito dal lavoro delle braccia, aveva ritrovato la sua tranquillità, e sepolto i ricordi dolorosi in fondo al cuore. E continuò il suo cammino verso la fredda Islanda, col cuore in apparenza libero come nei primi anni.
Capitolo Tredicesimo.
· | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · |
A bordo del Circe, nella rada d’Ha-Long, all’altra parte della terra, si distribuiva il corriere di Francia. In mezzo ad un gruppo di marinai il nostromo chiamava ad alta voce, i nomi dei felici che avevano le lettere. Cadeva la sera, e tutti erano raggruppati nella batteria presso un fanale.
— Moan Silvestro! — Ve ne era una per lui, timbrata da Paimpol — ma che non sembrava scritta da Gaud.
Che cosa voleva dire ciò?
Avendola girata e rigirata, l’aprì timorosamente.
Ploubazlanec, 5 marzo 1884.
«Mio carissimo nipotino,»
Egli respirò meglio; era della sua buona vecchia nonna.
Aveva anche apposto in calce la sua grossa firma, imparata a memoria, tutta tremante e scolastica «Vedova Moan». Vedova Moan. Egli portò la carta alle labbra con un movimento impulsivo e baciò quel povero nome come un santo amuleto. Quella lettera arrivava in un ora suprema della sua vita; l’indomani, al mattino, sarebbe partito per la guerra.
Si era alla metà di aprile; Bac-Ninh e Hong-Hoa sta-