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più. Tutti i gabbieri ne avevano sulle loro spalle. Ma ben presto, i più stanchi, cominciarono a morire..... Essi venivano dai grandi deserti, spinti dal vento della tempesta. Per paura di cadere nel mare si erano posati, con un ultimo volo sfinito, su quel battello che passava. Nel fondo di qualche regione lontana della Lybia la loro razza era pullulata senza misura e se ne erano avuti troppo: allora la madre snaturata, aveva scacciato i piccoli uccelli con la stessa impassibilità che se si fosse trattato di una generazione di uomini.

Ed essi morirono tutti sul battello; il ponte era seminato dei loro piccoli corpi, che ieri palpitavano di vita, di canto e di amore.... Silvestro ed i gabbieri li raccoglievano, stendendo nelle loro mani, con un’aria di commiserazione, le loro ali bluastre, e poi li seppellivano nel mare. Si navigò ancora per molti giorni, a traverso un azzurro inalterabile, vedendo soltanto dei pesci che, qualche volta, comparivano sulla superficie delle acque.


Capitolo Decimo.


Cadeva a torrenti la pioggia sotto un cielo pesante e tutto nero. Silvestro metteva il piede nell’India.

A traverso lo spessore del fogliame, egli riceveva l’ondata tiepida e guardava le cose straniere che erano intorno a lui. Tutto era magnificamente verde, le foglie degli alberi sembravano piume gigantesche; e le persone avevano dei grandi occhi vellutati, che pareva si chiudessero sotto il peso delle loro ciglia. Il vento che spingeva questa pioggia odorava di muschi e di fiori.

Delle donne gli facevano segno di andare: proprio come nelle notti autunnali di Brest. Ma in mezzo a quel paese incantato la loro chiamata turbava e faceva passare dei fremiti nella carne.

I loro petti superbi erano convessi sotto le battiste tra-