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una famiglia. Per una scala nuovissima di legno bianco, la fecero salire nella camera superiore che era la gloria della casa. Ella ricordò bene la storia della costruzione di quel piano; fu dopo di aver trovato dei battelli abbandonati nella Manica da papà Gaos; la notte del ballo, Yann le aveva raccontato tutto. Questa camera era graziosa e gaia, nella sua bianchezza nuova; vi erano due letti alla moda della città con due portieri in tela a disegni rosa; una grande tavola in mezzo. Dalla finestra si vedeva tutta Paimpol, tutta la rada con gl’Islandesi laggiù, sulla spiaggia, ed i banchi di sabbia dai quali essi partivano.

Ella non osava domandare, ma avrebbe voluto sapere dove dormiva Yann; evidentemente da fanciullo aveva dovuto abitare abbasso, in qualcuno di quei letti antichi ad armadio. Ma, ora, forse tra quei bei portieri rosei.

Ella avrebbe voluto essere al corrente dei dettagli della sua vita, sapere soprattutto come si passavano le lunghe serate d’inverno....

.... Un passo un poco pesante sulle scale la fece sussultare. No, non era Yann l’uomo che comparve. Malgrado i suoi capelli bianchi, gli assomigliava molto, avendo quasi la sua statura ed essendo dritto come lui. Era papà Gaos, che ritornava dalla pesca.

Dopo averla salutata e averle domandato il motivo della sua visita, le rilasciò la sua ricevuta, cosa che durò un pochino a lungo, perchè la sua mano — diceva egli — non era più molto sicura. Pertanto egli non accettava questi 100 franchi come un pagamento definitivo, ma come un acconto solamente; ne riparlerebbe col signor Mevel.

E Gaud, a cui il danaro importava poco, fece un sorriso impercettibile, lieta che questo affare non fosse stato definito, restando così ancora degli affari pendenti con i Gaos.

Si scusarono quasi dell’assenza di Yann, come avessero