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aspettare il ritorno del padre, che avrebbe fatto la ricevuta. I suoi occhi cercarono Yann tra tutte le persone che erano là, ma non lo vide. Erano molto occupati nella casa. Sopra una grande tavola, molto bianca, si tagliavano già da certe stoffe nuove di cotone, i costumi chiamati incerature per la prossima stagione d’Islanda.

— Ce ne vogliono due per ricambiarli, signorina Gaud — disse una delle sorelle.

Le si spiegò come si faceva in seguito per pittarli e passarli a cera. E, mentre gli altri parlavano, i suoi occhi scrutavano attentamente l’abitazione dei Gaos.

Essi erano aggiustati alla maniera tradizionale delle casupole bretoni; un immenso camino ne occupava il fondo e dei letti ad armadi si allineavano sui lati. Ma ciò non aveva nè l’oscurità, nè la malinconia di queste abitazioni di lavoratori che sono a metà nascosti all’orlo delle strade; era tutto chiaro e pulito come generalmente presso le persone di mare.

Molti piccoli Gaos erano là; maschi e femmine, tutti fratelli di Yann senza contare due grandi che navigavano.

E poi una piccola bionda, triste e pulita che non rassomigliava agli altri.

— E’ una fanciulla che noi abbiamo adottata — signorina Gaud — spiegò la madre; ma ne avevamo già molti è vero, ma che volete! suo padre era della Maria-Dio-ti-ama che si è perduta in Islanda l’ultima stagione come voi sapete, allora tra vicini ci si è divisi i cinque fanciulli che restavano, e questa qui è toccata a noi.

Sentendo parlare di sè, la piccola adottata, abbassava la testa e sorrideva, nascondendosi dietro il piccolo Laimiec Gaos, che era il suo preferito.

Spirava un’aria di benessere dovunque nella casa, e la salute appariva sbocciata su tutte quelle guance rosee di fanciulli.

Adopravano molte cortesie a ricevere Gaud — come una bella signorina — di cui la visita sia un onore per