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padre, costretto assai spesso ad assentarsi per affari. Non rimpiangeva però questa vita di solitudine; ma quel giorno di arrivo, era rimasta sorpresa penosamente dalla asprezza della Bretagna, rivista in pieno inverno. Ed il pensiero che bisognava fare ancora cinque ore di carrozza, andare ancora più avanti in questo paese malinconico per arrivare a Paimpol, l’aveva molestata come un’oppressione. Tutto il dopo pranzo di quello stesso giorno essi avevano effettivamente viaggiato in una piccola diligenza decrepita, aperta a tutti i venti, attraversando di notte villaggi tristi, sotto fantasmi di alberi sudanti. Ben presto avevano dovuto accendere le lanterne ed allora non si era visto più niente, e la luce di queste due lanterne proiettata sulle interminabili siepi del cammino, sembrava come due fuochi di bengala dalle sfumature molto verdi. In dicembre poteva esservi tutta questa verdura.

Al principio, stordita, ella si curvò per vedere meglio, poi le sembrò di riconoscere e ricordarsi; erano le ginestre, le eterne ginestre, dei sentieri e delle scogliere, che non invecchiano mai nel paese di Paimpol. Nel medesimo tempo cominciò a soffiare una brezza più tepida, esalante un caratteristico odore di mare. Verso la fine della strada ella ebbe un pensiero che la fece sussultare di gioia:

— Poichè siamo in inverno io li vedrò questa volta i bei pescatori d’Islanda!

In dicembre, essi dovevano essere là, ritornati tutti, i fratelli, i fidanzati, gli amanti, i cugini, di cui le sue amiche grandi e piccole l’intrattenevano tanto nei suoi viaggi d’estate, durante le passeggiate della sera. E questa idea le aveva inebriato lo spirito, mentre i suoi piedini si agghiacciavano nell’immobilità del carro....

E infatti li aveva visti..., ma il suo cuore era restato fatalmente avvinto al più bello tra i pescatori d’Islanda.