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Girolamo diventò bianco come un cencio di bucato, Pigault Lebrum stava là seduto come una cosa balorda, allacciandosi i manichetti.

— Questa commissione — proseguì il governatore di Danzica, m’incarica di informarvi che io lasciai Sua Maestà in uno stato di eccitazione e di collera che non saprei descrivere...

— Ma, di grazia, signor mio — scappò a dire Fürstenberg, incrociando le braccia sul petto — questo non è nè il tempo nè il luogo per esporre simili ambasciate.

— Mi duole fino all’anima — rispose l’altro freddamente — di essere così sfortunato da dover interrompere il vostro geniale banchetto; ma io agisco in conformità agli ordini espressi del mio alto sovrano.

Il re aveva talmente perduto la bussola, che non pensò ad offrire una sedia al governatore, tanto meno un bicchier di vino. In quella vece, afferrò egli per conto suo la tazza, e, per disperato, ne tracannò un buon sorso.

Vinzingerode lanciava allo straniero invasore degli sguardi atroci.

La piccola Heberti mirava ora il governatore, ora il suo real protettore. Un sorriso di motteggio errava sulle sue rosee labbra.

— Sire, — proseguì l’ambasciatore — perchè voi non farete un carico al messaggier di quanto possa esservi di acerbo nel messaggio; e mi avrete per iscusato se io qui in virtù delle severe istruzioni ricevute, leggerò il seguente ordine di gabinetto dell’imperatore, scritto di suo proprio pugno....

— Oh, per nulla! — balbettò Girolamo nella massima angoscia. — Vale a dire.... Voi sapete.... Non si potrebbe passar di là in quel gabinetto?....

— Mi dispiace, sire... Gli ordini di Sua Maestà sono formali. Voi dovete permettere che questi signori siano involontari testimoni di una scena che non è meno ingrata per me, di quello che possa essere per voi.