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— La nostra amabile amica — rispose l'interpellato — avrebbe poco giudizio, se per qualsiasi riguardo volesse resistere alle lusinghiere dimostrazioni di favore della Maestà Vostra.
— Grazie al cielo, noi non siamo borghesucci tedeschi! — aggiunse il conte di Yinzingerode.
— Hai inteso, Lilì?... — Fürstenberg, mostrate a questa piccina come si fanno le cose. Baciate la vostra Melania!
Il cavaliere, che, malgrado il nome tedesco impostogli, era rimasto un vero e schietto parigino, gettò il braccio, senz’altro dire, intorno al candido collo della sua vicina, e le scoccò tale un bacio sulle vermiglie labbra che si sentì per tutta la sala.
— Ah, così non va bene, caro Fürstenberg! — scappò fuori Pigault-Lebrun con un comico aggrottare di ciglia.
— Voi fate crepare d’invidia ciascuno di noi che non ha tanta fortuna!
— Ognuno fa quello che può; non è vero Melania i — Et bien, Lilì? — domandò il re.
— Già vi ho avvertito che per due giorni vi terrò a stecchetto — rispose l’altra un poco ingrugnata.
— Come, come? — gridarono tutti in coro. — Una lite? una rottura? Per poco si direbbe un alterco matrimoniale!
— La nostra tortorella è un tantino cocciuta! — esclamò Girolamo tracannando un bicchiere di vino spumante.
— Cocciuta no, ma risoluta! — replicò la signorina Heberti.
D’altronde.... anch’io ho chiesto un favore a Sua Maestà, che mi è stato negato.
— Oh, ma questo è inaudito, sire, — disse Vinzingerode ridendo. — Come potete rifiutar qualcosa a un angelo di questa fatta?
— Un re, miei signori, non è sempre in tutte le cose un sovrano! Vi sono dei riguardi....
— Ma di che si tratta dunque? Noi non sappiamo nulla...
— Una bagattella, — disse Lilì imbronciata. — Io pregai il re di licenziare il conte di Paderborn.