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l'ho nominato prefetto dell’Annover. Del rimanente, piacemi scegliere, secondo le mie necessità del momento, le persone destinate al mio servizio personale. — Firmato: Girolamo Napoleone.»
— «Firmato?...» esclamò il re. — No, no, questa parola leviamola. E’ troppo burocratica.
— Allora scriveremo: «Gradite l’assicurazione della mia stima più distinta».
— Con cotesta formula si salutano i propri sudditi.
— «Vostro fedelissimo fratello....» Che vi pare di quest’altra?
— Egregiamente! Questa non viene a dir nulla. Scriviamo: «Vostro fedelissimo fratello.»
Il re, stando sempre a letto, si fece dare il foglio, e lo rilesse con molta attenzione. Poi lo mise sotto il guanciale, e licenziò il bibliotecario.
Girolamo si fece vestire; e dopo colazione, non avendo nulla di meglio da fare, si diè a ricopiare la lettera di Pigault. Lacerò due o tre fogli, e finalmente il quarto riuscì di sua soddisfazione. Mentre sigillava l'audace scritto, le sue labbra si atteggiarono ad un maligno sorriso.
— Senza dubbio, — mormorava tra sè — questo farà un grand’efletto! Darei un'occhio del capo, se potessi godermi ii suo aspetto confuso e lo scoppio della sua collera! Prima o dopo bisognava pur venire ad una rottura!
Io voglio mostrare all’Europa stupefatta, che non sono quello che sembro.
Autonomia, indipendenza, dignità — sono queste le condizioni indispensabili alla reputazione di un trono! Io non sto qui per reggere lo strascico al mio signor fratello.
Aut, aut! Il dado è tratto!
E con questa disposizione d’animo, porse la lettera ad un cacciatore della guardia, con ordine di consegnarla immediatamente al corriere.
Poche ore appresso lo scritto fatale era in cammino.