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Alle ultime frasi il re, balzando quasi di scatto dal suo fauteuil, diventò di mille colori per la collera. Stringeva i pugni, respirava a fatica.
— Pigault, — esclamò — tu sai che io non m’intendo troppo di stile, nè d’altre siffatte mercanzie letterarie. Ma tu... tu sei un genio. Tu sai tutte le gherminelle dell’oratoria... Tu sei, come si suol dire, un uomo da bosco e da riviera...
— Vostra Maestà ha un concetto troppo lusinghiero di me, — rispose il bibliotecario con un cortese inchino, mentre ripiegava la lettera dell’Imperatore.
— Pigault, — seguitò il re — tu sei l’uomo veramente ad hoc! Tu devi scrivermi una risposta a questi vituperii, ma una risposta coi fiocchi!
— Ma, sire, riflettete..!.
— Nessuna scusa: ti dò la mia parola di re che la cosa resterà fra noi. Scrivimi una lettera, una lettera che l’Imperatore non abbia a riporre dietro lo specchio! Io la trascriverò di mio pugno e ti restituirò l’originale. Nessuno al mondo saprà mai che tu ne fosti l’autore!
— Se Vostra Maestà mi promette davvero....
— Impegno la mia parola, Pigault, la parola d’onore di un re! Te lo ripeto: nessuno sospetterà come siano andate le cose.
— Bene dunque, sire; ma io oserò ancora obbiettare.... Questo fatto potrebbe anche avere le sue tristi conseguenze!
— Sciocchezze! Io sono sovrano, e non devo sopportare le impertinenze di uno straniero potentato. Voglio essere indipendente io! Un’occasione migliore di mostrare col fatto la mia risoluzione non si presenterà mai più. Mano dunque all’opera!
— A domani, sire, se lo permettete. Per un affare di tanta importanza si richiede raccoglimento.
— Come vuoi. Ma tanto prima, tanto meglio. Una pronta risposta produce doppia impressione.