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vanile, visto così dal dorso sotto il piccolo scialle scuro, dimostrasse il contrario. Ancora graziosa però ed ancora fresca; con i pomelli molto rosei, come certi vecchi hanno il dono di conservarli. La sua cuffia, molto bassa sulla fronte e sul sommo della testa, era composta di due o tre larghi volanti in mussola che sembravano scappare gli uni dagli altri e ricadevano sulla nuca. Il suo viso venerabile s’inquadrava bene in tutto questo candore e in queste pieghe che avevano un’aria religiosa.

Gli occhi rivelavano dolcezza e bontà, nessuna traccia di denti nella bocca: quando ella rideva si vedevano le sue gengive rotonde che serbavano però una meravigliosa impronta di giovinezza. Quantunque il suo mento fosse entrato «in punta di zoccolo» (com’ella diceva) il suo profilo non era molto guastato dagli anni. Ella guardava dalla finestra, cercando ciò che avrebbe potuto raccontare per divertire il nipotino. Veramente allora non esisteva in tutto il paese di Paimpol un’altra vecchietta che, meglio di lei, sapesse divertire col racconto di fiabe o altre fantasticherie del genere. In questa lettera erano già tre o quattro storie impagabili, ma senza la minima malizia, perchè la sua anima mai era stata tocca dal male. L’altra, aspettando che le si dettasse qualche altra storiella, scriveva accuratamente l’indirizzo:

Al signor Moan Silvestro a bordo della Maria, comandante Guermeur — nel mare d’Islanda per Reickarvich.

Dopo rialzò la testa per domandare:

— È finita nonna Moan?

Era molto giovane questa fanciulla, adorabilmente giovane, una figura di venti anni. Molto bionda; colore rarissimo in quest’angolo di Bretagna dove la razza è bruna; gli occhi erano di un grigio di lino con ciglie quasi nere che le aggiungevano un’espressione di vigore e di volontà. Il suo profilo un po’ corto, era molto nobile, il naso prolungava la linea della fronte con una rettitudine superba,