Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
cadore | 61 |
Sappada Dall’alto dei monti passa una melodia lunga di fanciulle e la voce argentina si unisce al concerto dei boschi e delle acque del Piova scorrenti nella vallata ombrosa, Cridola si nasconde dietro il dorso tozzo dei monti vicini alternati di pascoli e custoditi dalle grigie buite.
La valle si restringe e si dirama in altre minori tra le piante sorridono, in alto, le guglie luminose della Forcella Starezza: da lungi, chiudono il fondo della valle, ad oriente, i prati declivi di Losco, rotti da macchie nerastre di conifere. Un limpido ruscello, scendendo da uno spacco di roccie a picco, passa attraverso la via, e la costringe a seguire l’insenatura del monte.
Fissa a un masso una grigia lapide narra: 28 maggio 1848 – pochi dei nostri fugarono-mille Austriaci –. E il passo di Rindemira, che con Rivalgo e Venàs fece, il 28 maggio del 48, il giorno più fortunato nella gloriosa difesa del Cadore. Gli Austriaci dovevano invadere contemporaneamente il Cadore da Longarone, dal Màuria e dal Boite. I Cadorini li attesero sulla strada del Mauria, al Passo della morte, strettissima gola chiusa tra monti aspri e scoscesi, pendente sul Tagliamento dall’altezza di einquanta metri. Il passo fu barricato e sul ciglione delle roccie sovraeminenti furono disposte le famose batterie di sassonia, già assaggiate, in malo modo, dai Tedeschi a Rivalgo. La mattina del 24 maggio, la colonna del capitano Oppell s’avanzava, per forzare il passo. Era bello, dice una relazione di alcuni Cadorini, che parteciparono ai fatti d’arme del 48, era bello vedere quella colonna dalla costa di fronte al passo della