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un fondo vago di tristezza: veste con proprietà ne' di feriali, con pittoresca eleganza nei di festivi.

Il nero scialle, ripiegato sul capo con arte inconscia, incornicia mirabilmente le linee fini del volto. Rade volte accade d'incontrarvi nelle vallate cadorine in tipi di giovani donne tizianesche. più spesso s'incontrano nelle fanciulle giovanissime, prima che le rudi fatiche ne sciupino la virile bellezza.

Le donne cadorine, nell'assenza degli uomini, emigranti all'estero per buona parte dell'anno, devono attendere a tutti i lavori della campagna. Falciano il fieno, mietono i grani, portano le legna dal bosco e il concime in pesanti gerle nei campi e nei prati. Naturalmente, per belle e vigorose che siano, come osservò anche la Regina Margherita, invecchiano prima del tempo. E l'Augusta Donna, forse, non le vide in lunga fila, curve sotto i sacchi di sabbia, rosse in viso e grondanti sudore, non le vide salire gli aspri sentieri del Piave e dirigersi alle move costruzioni di Laggio e di Vigo.

Vigo, il centro dell'Oltrepiave, è tolto alla vista della strada, che ne circuisce i confini dalla parte del fiume, dal Colle militare, su cui, ora, si sta erigendo un forte di sbarramento. Il nome del paese (Vicus) ne attesta l'antichità.

Al tempo della Repubblica Veneta era capoluogo della Centuria dell'Oltrepiave, a cui era unito anche Lozzo. Nell'Archivio comunale sono raccolte memorie e pergamene antiche, nella Biblioteca cadorina fondata dal Ronzon libri e manoscritti riguardanti il Cadore.