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50 | italia artistica |
Da Pozzàle parte, verso oriente, un sentiero largo, piano tra rigogliosi sicomori.
Da esso l’occhio spazia su tutta la vallata: è, forse, il miglior punto per dominarla completamente. La romantica stradicciuola scende, poi, rapidamente alla valle del Molinà fra il verde tenero dei pascoli e dei larici, e, prima di toccarla, s’incontra in Calàlzo, Calàlzo posa sopra un ripiano morènico,
. . . . . e l’incorona
Un magico orizzonte
Popolato di ville: e mostra a tergo
Le Marmaròle, che eternò la mano
Dell’immortal Tiziano.
È un paesino, che conserva ancora una intera contrada pittoresca di vecchie case di tipo cadorino, che in bellezza vincono mille volte le nuove case in muratura.
Una Concetta del Brustolòn in Canonica e quattro quadretti di Orazio Vecellio in chiesa formano tutto il patrimonio artistico di Calàlzo.
Il patrimonio morale è costituito dalla semplicità del costume e dal fiero coraggio degli abitanti. Lo seppe il maggiore Hablitschek, il 21 maggio 1848, quando, al suono delle campane, fu costretto dalle sole donne di Calàlzo a ritornare sui suoi passi per la Valle d’Oten e Forcella piccola. Calàlzo guarda Rezziòs, borgata al di là del torrente, riposante nel silenzio dei boschi, come un uomo noncurante del presente, memore solo de’ Foscari e de’ Collalto, che ad essa mandarono quadri votivi, e di Marco D’Aviàn cappellano di armata all’assedio di Vienna (1683). E Grea, la sorridente Grea, sporge dal poggio solatio sulla via bianca, come fanciulla curiosa, che s’affacci al balcone.
Giù, nel fondo della valle, il Molinà muove al lavoro le ruote della fabbrica di strumenti ottici iniziata da Leone Frescura e C. e. poi, sviluppata dal Ferrari e C., che, nonostante l’incendio del 1896, impose la sua merce ai mercati d’Italia e diventò una fortunata rivale delle fabbriche tedesche e francesi.
Le acque del Molinà, inabissate nella valle, risuonano sempre, rompendosi tra i macigni e corrono sotto l’alto ponte a due archi su cui passa la strada di Domegge. Sul ciglione della strada, sullo sfondo della valle dominata dall’Antelào simile a monile rutilante sospeso sui boschi nereggianti, sorride la chiesetta gotica del Molinà, delizia dei pittori. Vallesella, più bassa, si allunga di verso il Piave in una striscia di case bigie, rotta dal candore della nuova chiesa. Essa si ricorda con Danta di esser stata donata da Enrico l’Uccellatore al vescovo di Frisinga (925) e della sconfitta dell'Anhalt, nel 1509, come vede, ora, conservata dal genio militare la via per Lorenzàgo e la Carnia. Vallesella è frazione di Domegge.
Domegge e la vicina Lozzo, esistevano, già, nei tempi preromani, come lo affermano le lapidi euganee trovate. Lozzo, anzi, di Cadore richiama alla mente Lozzo atestino, grosso centro euganeo posto alle radici dei monti omonimi. L’omonimia de’ due paesi sarebbe, quindi, un argomento di più, per affermare la presenza degli Euganei in Cadore e, specialmente, nella vallata superiore del Piave. Una iscrizione tradotta certamente dal latino ci narra che la chiesa di Domegge fu fabbricata nell’anno 809 governando la chiesa di Dio Leone III Font. Massimo et imperando Carlo Magno re