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giungersi con lui nella stessa regione. Il piano combinato portava: tagliar la via di Lamagna ai Tedeschi, l'ala sinistra da Nebbiù a Valle, la destra alle falde del Monte Zucco, il centro sulla via di Lamagna, presso il ponte di Rusecco. Il Sistraus, slanciatosi contro il centro, fu ucciso al principiar della mischia: la sua morte mutò la battaglia in un vero macello di Tedeschi. Veneziani e Cadorini, memori delle recenti offese, non danno quartiere. Caddero, in quella memorabile giornata, ben 1734 Tedeschi e, tra essi, tre giovani donne, che in abiti virili avevano seguito e diviso la sorte dei loro uomini. Rusecco, il torrentello ghiaioso e quasi sempre asciutto (Rio secco), passò nella storia per il glorioso fatto d'arme del 2 marzo 1508. Tiziano dipinse la battaglia di Rusecco, detta anche battaglia di Cadore, nel palazzo ducale di Venezia (1523). Il dipinto, bruciato nel 1577, fu ripetuto da Francesco da Ponte bassanese nel soppalco della sala maggiore. Lo cantò in un'ode latina il Cotta amico dell'Alviano e ne ripeté la memoria il poeta cadorino N. Talamini. Il genio di Carducci rinnovò la visione gloriosa coll'impeto fremente di un inno di guerra.

Sol de le antiche glorie, con quanto ardore tu abbracci
l'alpi ed i fiumi e gli uomini!
tu fra le zolle sotto le nere boscaglie d'abeti
visiti i morti e susciti.
– Nati sull'ossa nostre, ferite, figliuoli, ferite
sopra l'eterno barbaro:
da' nevai che di sangue tingemmo crosciate, macigni
valanghe, stritolatelo –.
Tale da monte a monte rimbomba la voce de' morti
che a Rusecco pugnarono: