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nubi pascenti sulle alte cime: e sul paesaggio ritratta la maschia femminilità cadorina dai morbidi contorni. dalle fresche, rotonde gote, dalle tumide labbra porporine, dallo sguardo vivo, scintillante, appassionato e spesso, con loro i paffuti puttini del Cadore, la cui visione gaia rinnovarono Brustolon e Besarèl e rinnova il Piazza di Lorenzàgo.

Il Cadore volle onorata la memoria del grande, che lo rivelò al mondo. Segnò con una lapide l’umile casetta, ove nacque colui che per le zie dell’arte preparava il risorgimento della patria. Il grande, ora, la guarda con pensiero grave dall’alto piedestallo su cui lo vollero innalzato i concittadini memori.

Il Dal Zotto ne espresse le lince severe e i Cadorini vi scrissero semplicemente: A Tiziano il Cadore (1880).

Essi, per l’artista, non dimenticarono coloro che soffrirono combattendo per la patria. Pietro Fortunato Calvi è ricordato coi morti nelle battaglie del 48, in un modesto monumento ai piedi della torre della Comunità: sui gradini, ai lati dello zoccolo, posano due leoni. Il leone di sinistra col capo appoggiato allo zoccolo pare rimpianga i prodi caduti, il leone alato di destra alza alteramente la testa, superbo dei ricordi del passato. E, in questi luoghi, i ricordi del passato soccorrono in folla, suffusi della luce della gloria.

Gli anni fortunosi della lega di Cambrai scrissero nella gloria del Cadore memorie incancellabili di dolori grandi, di fedeltà inconcussa a Venezia, di combattimenti vittoriosi contro il nemico comune. Tra Massimiliano imperatore e la Repubblica Veneta ardeva la guerra. Il Cadore, per i Tedeschi, fu la via aperta, per correre ai danni di Venezia.

Venezia mandò a custodire il Friuli e il Cadore troppo tardi. I Cadorini, da soli mal poterono opporsi all’esercito invasore ingrossato dagli Ampezzani defezionati. II castello di Pieve fu preso dal Sistraus e la piccola guarnigione veneta ignominiosamente impiccata. Il vincitore tentò ogni via, per indurre i Cadorini a parteggiare per la Germania. Essi, per tutta risposta, mandarono a Venezia un comitato, per implorare soccorso. Il governo della Repubblica, compresa la gravità della situazione, ordinò a Gerolamo Savorgnano di muovere per il Mauria, al Cadore, e all’Alviano di con-