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a rovina, ma non lo teme, come non teme la valanga, che, scrosciando, quasi annualmente, dai monti opposti, lungo la vallata del Pissa, precipita nel fiume e scuote le casette linde, per non lasciare, nell'estate, che un rivolo d'argento, scioglientesi in un candido velo, ondeggiante nell'aria, lungo le roccie a picco.

Non lungi da Tèrmine, la Tovanella, lasciando stormire il vento fra gli abeti del suo bosco, che sa le eterne questioni tra Bellunesi e Cadorini e il laudo celebre di Jacopo Sansovino, che l'assegnò al Cadore (1540), da un angusto e dirupato burrone esce all'aperto sulla via di Lamagna nel largo piazzale formatosi co' suoi candidi e fini ciottoli.

E proprio alla Tovanella cominciano i ricordi dell'epico 48, un anno in cui la nostra patria combattè nello slancio ideale, preparando cogli insuccessi le vittorie dell'avvenire. Il Cadore, in quegli anni fortunosi, si trovò al suo posto, pronto a difendere le porte d'Italia. Il primo aprile di quell'anno, tutte le rappresentanze cadorine riunite a Pieve, nello storico palazzo della Comunità, proclamano, come i loro padri: