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Pieve di Cadore dalla via di Lamagna

(Fot. Cassarini).

  " Sei grande. Eterno co ’l sole l’iride
de’ tuoi colori consola gli uomini,
sorride natura a l’idea
giovin perpetüa ne le tue
forme.

G. Carducci.


NN

el semicerchio di Alpi, che partendo dai Lessini digradanti a Verona, e, scendendo giù giù, verso Venezia, cingono, come diadema, la pianura veneta, belle, distinte sul fondo oscuro dei colli spiccano nell’azzurro le Alpi bellunesi. Alle radici di quelle cime acuminate, scialbe si spiega, quasi ventaglio semiaperto, la regione cadorina. Ouell’ultimo lembo settentrionale di terra italiana conservò sempre una unità di linguaggio, di sentimenti, di costumi, di leggi così meravigliosa, da formare, fino alla caduta di Venezia, una piccola repubblica alpina.

Il popolo cadorino addentrato nei recessi alpini visse una vita la cui storia conta pagine di abnegazione mirabile, di libertà indomita, di fedeltà inconcussa. Sono pagine, che il mondo ignora, o conosce appena, solo perchè al Cadore mancarono poeti e narratori che ne tramandassero la visione gloriosa.

La storia preromana della remota regione è segnata solamente da qualche monumento, la romana è oscurissima, oscura la medievale, ma pronta a rivelarsi dai documenti finora poco studiati.

Prima che le aquile di Roma si fossero portate nelle vallate del Veneto, queste avevano di già i loro abitanti. Le valli del Piave, del Bòite, del Brenta, dell’Adige avevano accolto un fiotto di quell’onda di gente celtica, che, col nome di Reti, s’era estesa sui due versanti delle nostre Alpi orietali Della loro dimora in Cadore parlano le spade di tipo gallico, le collane, gli elmi trovati nelle valli cadorine. Gli Eu-