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xi - la rappresentazione di san giovanni e paolo 81

ben venga quel che, mentre in vita dura,
l’imperio nostro e la gloria è sicura.
     Ogni opera e fatica aspetta merto,
e’ tuoi meriti meco sono assai:
e, se aspettavi il merto fusse offerto,
io non t’arei potuto pagar mai.
Darti mia figlia gran cosa è per certo,
e quanto io l’amo, Gallican, tu il sai:
gran cosa è certo un pio paterno amore,
ma il tuo merito vince ed è maggiore.
     Se tu non fussi, lei non saria figlia
d’imperadore, il qual comanda al mondo:
però, s’altri n’avessi maraviglia
e mi biasma, con questo gli rispondo.
Credo che lei e tutta mia famiglia
e ’l popol tutto ne sará giocondo,
ed io di questo arò letizia e gloria,
non men ch’io abbi della gran vittoria.
     In questo punto ir voglio, o Gallicano,
a dir qualcosa a mia figlia Costanza:
tornerò resoluto a mano a mano.
Intanto non t’incresca qui la stanza.

Mentre che va, dice:


Oh ignorante capo! oh ingegno vano!
O superbia inaudita! oh arroganza!
E cosí l’aver vinto m’è molesto,
se la vittoria arreca seco questo.
     Che farò? Darò io ad un suggetto
la bella figlia mia, che m’è sí cara?
S’io non la do, in gran pericol metto
lo Stato. E chi è quel che ci ripara?
Misero a me! Non c’è boccon del netto:
tanto Fortuna è de’ suoi beni avara.
Spesso chi chiama Costantin felice,
sta meglio assai di me, e ’l ver non dice.


Lorenzo il Magnifico, Opere - ii. 6