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capitolo iii 49

     Ha questo capo sotto sé due membra,
la virtú naturale e l’acquisita,
e cosí prima si divide e smembra.
     La prima nasce con la nostra vita.
Ciascun n’ha certi semi e certo lume,65
come l’alma è dentro al suo corpo sita.
     Memoria, audacia e dell’ingegno acume
sono strumenti buoni o rei, secondo
che gli fa l’uso, e il buono o rio costume.
     Anzi, se piú perfetti, maggior pondo70
all’alma dánno, se son male usati,
come fa le piú volte il cieco mondo.
     E i ben, che son nel vivere acquistati,
si dividono ancora in parti due:
— cosí di grado in grado siam montati, — 75
     speculativa ed attiva virtue;
di queste due la prima è assai piú degna:
comincerem dall’altra ch’è vil piue.
     Questa vivere al mondo sol ne insegna
con le virtú morali in compagnia,80
e prepararne all’altre ancor s’ingegna.
     Zenone e la sua sètta per tal via,
e la cinica turba tutta corse,
dicendo il vero fine in esse stia.
     Piú lume la Natura non gli porse,85
e disson quel che a mettere ad effetto
piú difficil che a dir sarebbe forse.
     Ciascun di questi ben par sia suggetto
a fatica, a sudore ed a durezza;
però non vuol ragion che sia perfetto.90
     Perché la temperanza e la fortezza
son nelle operazioni laboriose:
in piú dolor, piú ciascuna si prezza.
     Il fin par sia di tutte umane cose
affaticarsi, non giá per fatica,95
ma perché l’alma poi quieta pose.


Lorenzo il Magnifico, Opere - ii. 4