perché degno era d’ogni reverenzia,25
come padre comun d’ambo noi fosse,
surgemmo lieti della sua presenzia.
Lui non men lieto al bel fonte fermosse;
e poi che assiso fu sopra d’un sasso,
fermò il bel suono, e le parole mosse.30
Io ero dell’andar giá stanco e lasso,
e per venir dove or sí mi ricreo,
guidò qualche felice nume il passo.
Ma prima: — Lauro, salve, e salve, Alfeo,
de’ prudenti pastor certo il piú saggio,35
e per la lunga etá buon padre meo.
Maraviglia di te, pastor, non aggio,
ché spesso insieme ci troviamo al fonte,
e talor sotto qualche ombroso faggio.
Ma veder te sopra il silvestro monte40
crea, Lauro, in me gran maraviglia,
non ch’io non vegga te con lieta fronte.
Chi di lasciar tua patria ti consiglia?
Tu sai che peso alle tue spalle dánno
le publiche faccende e la famiglia. — 45
E io a lui: — Tanto è grieve l’affanno,
che sol pensando addoloro ed accidio,
che le cose, che di’, drieto a sé hanno.
Leva’mi alquanto dal civil fastidio,
per ricrear, col contemplar, qui l’alma50
la vita pastoral, la quale invidio.
La nostra è troppo intollerabil salma,
qual comparando alla pastoral vita,
bench’egli il nieghi, a lei darei la palma.
Questo disputavam, quando sentita55
fu la tua lira, ed a quel dolce suono
súbito la dispúta fu finita.
Or poiché Dio di te n’ha fatto dono,
dicci chi di noi erra il ver cammino,
e se le nostre vite han vero buono;60