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CAPITOLO II
[Marsilio Ficino spiega agli altercanti in che consista la vera felicitá.]
Eran gli orecchi a sue parole intesi,
quando una nuova voce a sé gli trasse,
da piú dolce armonia legati e presi.
Pensai che Orfeo al mondo ritornasse
o quel che chiuse Tebe col suon degno,5
sí dolce lira mi parea sonasse.
— Forse caduta è dal superno regno
la lira ch’era tra le stelle fisse, —
diss’io: — il ciel sará sanza il suo segno;
o forse, come quello antico disse,10
l’alma d’alcun di questi trasmutata
nel sonator per suo destin si misse. —
E mentre che tra fronde e fronde guata,
e segue l’occhio ove l’orecchio tira
per veder tal dolcezza d’onde è nata;15
ecco in un punto sente, intende e mira
l’occhio, la mente nobile e l’orecchio
chi suona, sua dottrina e la sua lira.
Marsilio abitator del monte vecchio,
nel quale il cielo ogni sua grazia infuse,20
perch’ei fusse ai mortal sempre uno specchio;
amator sempre delle sante Muse,
né manco della vera sapienzia,
talché l’una giamai dall’altra escluse;