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penna passò, come sembra per l’attribuzione e per l’identitá della lezione, nel Mglb. II, ii, 109 (Mglb.3), a c. 170 r con la didascalia: «Sonetto di Lorenzo de’ Medici in lode di Antonio Squarcialupi Organista celeberrimo». Ma due altri codici, per piú rispetti autorevoli, Par.1 (c. 80 r) e Mglb.1 (c. 38 v), assegnano questo sonetto al Bellincioni; e come opera di quest’ultimo è stampato appunto nella cit. edizione quattrocentina delle rime di lui (c. 115 v), col titolo: «S. a Lorenzo de Medici per la morte di Maestro Antonio de gli Organi». Si può quindi, senza timore d’avventate ipotesi, congetturare che l’abbreviata didascalia del cod. Med. Pal.1 abbia indotto in errore il Magliabechi, che scrisse Mglb.3 per gli Scrittori fiorentini dell’Oldoini, credendo autore del sonetto il Magnifico, a cui invece era stato dal Bellincioni dedicato. E, del resto, basta leggere la poesia in questione, per convincersi che non può essere di Lorenzo de’ Medici.
A Serafino Aquilano sembrano appartenere i due altri sonetti, non certamente del nostro autore. Entrambi furono stampati come opera sua nella ben nota edizione giuntina delle Opere dello elegantissimo poeta Serafino Aquilano, stampata a Firenze nel 1516 (cc. 33 v e 36 v). Il primo, bilingue, è dato al Magnifico dal tardo ms. Pist., che probabilmente lo tolse dal libro di G. Ruscelli, Imprese illustri, Venezia, Franceschi, 1584, p. 89; esso è anche, ma adespoto, nell’ultima carta del cod. Ricc. 1880 (R2), di mano diversa da quella che scrisse il resto del ms., colla data del 1491 e il titolo: De Fortuna. Il secondo, che l’edizione di Bergamo trasse da un codice a noi ignoto, appartenuto a Daniele Farsetti, fu stampato piú volte insieme con la Rappresentazione di San Giovanni e Paolo per tutto il secolo xvi, e dalla rara edizione senese della prima metá del Cinquecento copiato fra le rime del cod. Ashburn. 1827; ma senza che venisse attribuito al Magnifico, unitamente con un intermezzo di autore ignoto, che comincia: «Sozio, buon dí».
L’uno e l’altro dei sonetti furono da M. Menghini collocati fra le rime dell’Aquilano di dubbia autenticitá2.
Inedito è il capitolo amoroso: «Tu se’ disposto pur, crudel, lassarmi», che traggo dal cod. Nap. (c. 68 v), uno de’ mss. piú